Beta-talassemia e anemia falciforme: terapia genica con Crispr-Cas9
Le emoglobinopatie sono un gruppo di malattie genetiche in cui ad essere compromessa è la normale funzione dell'emoglobina.
Le diverse malattie, e il modo in cui si manifestano, dipendono dal difetto genetico presente fin dalla nascita. Proprio per la ridotta capacità di trasportare l'ossigeno le emoglobinopatie sono associate a numerose complicanze a livello del sistema cardiocircolatorio.
Una delle emoglobinopatie più diffuse è la beta-talassemia, un gruppo di malattie rare del sangue in cui, a causa di un difetto genetico, la produzione di emoglobina è fortemente ridotta o del tutto assente.
In base alla mutazione nel gene della beta-globina, una proteina che concorre alla formazione dell'emoglobina, la malattia può essere più o meno grave.
Ad oggi la cura della forme di beta-talassemia grave consiste in continue e periodiche trasfusioni di sangue che espongono il malato a reazioni avverse, tra cui un eccessivo accumulo di ferro che può arrivare a danneggiare i diversi organi.
Per questa ragione, oltre alle trasfusioni che hanno l'obiettivo principale di mantenere adeguati livelli di emoglobina, occorre una terapia ferro-chelante e trattamenti di supporto per gestire le altre complicanze della malattia.
L'altra emoglobinopatia più diffusa è l'anemia falciforme. Per un difetto genetico, il corpo produce delle forme anomale di emoglobina. Gli eritrociti rigidi e di forma irregolare possono ostruire i vasi più piccoli causando fortissimi dolori e danneggiando organi e tessuti.
Inoltre, a causa della loro forma attraversano con difficoltà i piccoli vasi sanguigni e vengono distrutti rapidamente dalla milza: invece di vivere come di norma per circa 120 giorni, sopravvivono soltanto per 10-20 giorni.
Oltre alle crisi di dolore, l'anemia falciforme espone maggiormente al rischio di infezioni a causa della compromissione della milza.
La terapia prevede diversi approcci finalizzati a ridurre i sintomi e l'utilizzo ricorrente di trasfusioni.
Nel corso degli ultimi anni sono state messe a punto diverse terapie geniche volte a riprisitinare il corretto funzionamento dei geni mutati.
Poichè le malattie genetiche sono causate da un difetto in un determinato gene, inserendo dall'esterno una copia funzionante è possibile ristabilire la corretta funzione di quel gene.
Per quanto riguarda le malattie del sangue ciò è relativamente più semplice.
Grazie a questo approccio la beta-talassemia può essere trattata con successo. Questo approccio si è dimostrato utile nella cura della malattia e dalle analisi sul lungo termine è emerso che il 90% dei pazienti trattati negli studi ha raggiunto l'indipendenza trasfusionale.
Mentre finora la principale strategia era rappresentata dall'inserzione dell'intero gene funzionante tramite l'utilizzo di un virus, ora grazie a tecniche quali Zinc Finger Nucleasi, Talen e Crispr-Cas9 è tecnicamente possibile correggere il DNA originale senza dover inserire un gene proveniente dall'esterno. Attraverso questi metodi è possibile controllare più finemente l’espressione del gene corretto, distruggere i geni malfunzionanti e più in generale convertire direttamente il gene difettoso in gene funzionante. Malattie come beta-talassemia e anemia falciforme ben si prestano a questo tipo di soluzione.
Sono stati presentati i dati a lungo termine sull'efficacia del trattamento Exagamglogene autotemcel ( Exa-cel ), effettuato con la tecnica CRISPR-Cas9, nei pazienti affetti da beta-talassemia trasfusione-dipendente o anemia falciforme, caratterizzate da crisi vasocclusive ricorrenti, le manifestazioni più gravi di queste malattie.
Riguardo alla beta-talassemia è emerso che 42 dei 44 pazienti non hanno più necessitato di trasfusioni ( con un follow-up compreso tra 1,2 e 37,2 mesi ). I due pazienti non-liberi da trasfusioni hanno comunque registrato una riduzione del volume trasfusionale del 75% e dell'89%.
Riguardo all'anemia falciforme invece tutti i 31 pazienti caratterizzati da crisi vaso-occlusive ricorrenti ( una ogni 3 mesi nei 2 anni precedenti ) sono risultati liberi da tali crisi ( follow-upcompreso tra 2,0 e 32,3 mesi ). Inoltre i pazienti presentavano livelli medi di emoglobina superiori al 20% al terzo mese, aumentando a una media di circa il 40% dopo il quarto mese.
Da questi risultati è emerso che questa nuova tecnica permette di correggere il difetto curando in maniera duratura le persone affetta da emoglobinopatie. ( Xagena_2023 )
Fonte: Fondazione Veronesi, 2023
Xagena_Medicina_2023